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Se il protagonista è il paesaggio italiano

di Alberto Alfredo Tristano
Il Riformista 19/6/2011


Una radiografia del nostro Paese e della sua identità attraverso il racconto dei territori che abitiamo. I film di Celati sulla pianura padana, le case fantasma lasciate all'incuria, le Langhe, le isole Eolie raccontate da Giovanna Taviani.

Sostiene giustamente Renzo Piano che siamo fatti di "carne e geografia". E se dunque si volesse radiografare la nostra identità, occorrerà inquadrare il nostro colpo ma anche il luogo in cui esso pulsa, si muove, s'ambienta. Il nostro paesaggio, caratteristica fondamentale della struttura Italia, della sua storia cultura-le,del suo sviluppo, della sua immagine nel mondo, è stato di recente raccontato in alcuni documentari: non parliamo naturalmente di paesaggismo, ma dell'immagine di luogo abitato dagli uomini, dove questi hanno prodotto il loro lavoro, esaurito la propria vita, determinato il loro consumo. I film di cui riferiremo sono stati da poco distribuiti (home video e sale), pur essendo stati realizzati in tempi diversi.
ATTESA DEI CROLLI. Gianni Celati è unanimemente considerato tra i migliori autori delle nostre lettere; meno spesso si sottolinea che è anche tra i più originali documentaristi. Finora la sua produzione si limita ad appena quattro lavori, ma questo nulla toglie al valore che ad essi va attribuito. Gianni Canova, nel suo recente Cinemania. 10 anni 100 film: il cinema italiano del nuovo millennio (Marsilio editore), giustamente annovera Case sparse. Visioni di case che crollano tra i migliori film italiani degli anni zero. Per chi se lo fosse perso, è possibile recuperarlo nel bel cofanetto Cinema all'aperto che la Fandango ha pubblicato di recente in cui sono inseriti anche i primi due suoi documentari (manca all'appello il quarto e ultimo lungometraggio, Diol Kadd. Vita, diari e riprese in un villaggio del Senegal): il primo film si intitola Strada provinciale delle anime, l'altro è Il mondo di Luigi Ghirri dedicato allo strepitoso fotografo emiliano, con cui Celati ha stretto una lunga intesa professionale e amicale interrotta dalla morte prematura di Ghirri. I film di Celati sono un'emanazione in forma di immagini, di figure e paesaggi raccontati in Narratori delle pianure: luogo dell'indagine è la pianura padana in cui Veneto ed Emilia si scambiano i territori, segnata dalla traccia del Po, dalla foce larghissima del fiume, da un'umanità sospesa tra le parole e la nebbia. Case sparse rappresenta un po' il fuori onda dei consueti attraversamenti di quella vasta e rigogliosa campagna in piano, con lo sguardo mosso e fuggevole. Celati invece si sofferma proprio su quello che in genere è segnato da una vista rapida: una strada bianca, i fossi, una dimora abbandonata con le pareti crepate e il soffitto sfondato. Il cinema hollywoodiano ci ha abituato al meccanismo delle aspettative: data una situazione, mi attendo che accada questo. Celati ci offre invece il cinema dell'attesa, una radiografia del "disponibile quotidiano", a cui non chiedere qualcosa, sia una sorpresa o una conferma, ma semplicemente offrire gli occhi, assecondare quel che accade, come l'acqua in una curva dove il Po sterza.
QUESTI FANTASMI. «Vedi quelle luci fioche, sono i fantasmi che camminano, in quella ci sono gli spiriti». Quante notti buie, tempestose e mal calibrate hanno acceso la fantasia su vecchie case abbandonate, meglio se signorili e anche lievemente isolate, per certe piccole luci che si aggiravano negli spazi deserti, vuoti e solitari (salvo scoprire poi che erano le candele con cui i tossici scioglievano eroina prima del buco). Alle Case abbandonate è dedicato il documentario che Alessandro Scillitani e Mirella Gazzotti hanno realizzato perla Biennale del paesaggio di Reggio Emilia. Il lavoro è un lungo racconto attraverso lo Stivale dell'immenso patrimonio abitativo lasciato nell'incuria colpevole. Milioni di metri cubi marciscono nel silenzio. Succede nei territori urbani, succede in provincia, tra l'Appennino e il piano. Ville padronali impreziosite da lavori di geniali e anonimi artigiani perdono parte di sé giorno dopo giorno. Scenari che ricordano lo splendido film di Pupi Avati La casa dalle finestre che ridono e che hanno perso per sempre l'allegria della vita. Nei paesaggi intorno alla metropoli, come la campagna che cintura Milano puntellata dalle magnifiche cascine, o anche l'agro romano vandalizzato da gru, vince la speculazione e il disdoro. «Narrare le rovine prima che diventino macerie» è l'insegnamento che ci ha consegnato Thomas Bernhard, ed è una lezione che vale da monito, per esempio quando si interviene in opere di costruzione e ricostruzione, che suggeriscono la triste impressione di avere davanti l'edificazione di quanto è già rovina, per quanto è malfatto, mal distribuito, mal pensato. «Costruiamo ogni anno quattro case per ogni bambino che nasce e l'architettura prodotta negli ultimi 50 anni è di pessima qualità. Nessun partito politico ha come priorità la salvaguardia del paesaggio. Eppure la cannibalizzazione del territorio sta producendo reazioni»: sono parole di Salvatore Settis, pronunciate in una recente lectio magistralis. Accuse sacrosante, ma val pena confidare in quelle «reazioni», segnali di una nuova sensibilità.
ALBA DEI CAPANNONI. «Combattevamo per questo paesaggio, per mantenerne la bellezza», così Giorgio Bocca ricorda l'esperienza della Resistenza vissuto nel suo Piemonte, nell'intervista raccolta nel documentario Langhe doc. Storie di eretici nell'Italia dei capannoni, realizzato da Paolo Casalis (il film è accompagnato da un libretto scritto da Federico Ferrero con i disegni di Valerio Berruti). Nei luoghi raccontati nella grande letteratura italiana del Novecento, da Pavese a Fenoglio, sono accadute vicende tristi: capannoni ovunque possibile, vigneti al di là del sostenibile e «svicoli stradali degni di Los Angeles». Proprio sui terreni dei migliori vini italiani, c'è stata la peggiore delle invasioni: quella del troppo. Troppo cemento, troppa vite, troppo tutto. Contro questa onda che chiamano equivocamente progresso, si è sviluppata una contro-onda: è la vita che hanno scelto alcune persone di cui Langhe doc racconta la storia. C'è per esempio Maria Teresa Mascarello, figlia di quel Bartolo che è uno dei patriarchi del vino italiano, in particolare per quanto riguarda il Barolo. Chiedono a Maria Teresa di produrre di più, con fermentazioni più veloci, su scale distributive più imponenti. Ma lei dice no. Testarda. Come fa Mauro Musso, che si è messo a fare la pasta, nel suo laboratorio: senza prodotti di sintesi, amidi e glutine; senza packaging, carta patinata, vernice fosforescente. Pasta, e basta. Un'eresia.
PARI E LIPARI.«Sono figlia dei fratelli Taviani». Così Giovanna si presenta, e dopo tutto perché prosaicamente distinguere in un Paolo e un Vittorio la coppia registica per eccellenza del cinema italiano? A memorie familiari, oltre che storico-cinematografiche, è dedicato il documentario Fughe e approdi (distribuito da Cinecittà Luce) che la giovane Taviani ha dedicato al paesaggio culturale delle Isole Eolie, conquistando un premio speciale in occasione dell'assegnazione dei Nastri d'argento 2011 e una nomination ai Globi d'oro. Il primo rimando è al film Kaos, visivamente uno dei più straordinari lavori del duo autoriale, di cui l'erede recupera alcune sequenze e in particolare quell'oggetto originale e peculiare che è una tartana dalla vela rossa, imbarcazione utilizzata in Kaos e che veicola "fughe e approdi" raccontati nel documentario. Evasioni di confinati politici, amori impossibili come quello tra Edda Ciano e il comunista Leonida Bongiorno (raccontato in un gustoso libro di Marcello Sorgi), avventure cinematografiche contornate di passioni e gelosie, traiettorie dell'emigrazione, cavatori di pomice, parassiti delle vigne, urla dei vulcani: cinema politico e biologico, geologico e sentimentale, intessuto del vasto repertorio filmico costituito da Stromboli terra di Dio di Roberto Rossellini e dalla Panarea del Michelangelo Antonioni di L'avventura, dalle Isole di fuoco di Vittorio De Seta, dal Caro diario di Nanni Moretti, dai gioielli della Panaria Film, la società del nobile siciliano Francesco Alliata di Villafranca, che produsse tra l'altro la fiammeggiante Anna Magnani di Vulcano e della Carrozza d oro renoiriana, prima di chiudere per debiti. La Taviani sceglie un racconto che procede per salti, fra le sette isole, fra le molteplici storie che esse hanno assimilato, tra le suggestioni che producono. Salti leggeri, come fatti sulle rupi di pomice che si gettano nel mare di Lipari, così leggere da far sembrare quella terra una Luna marina.

ALBERTO ALFREDO TRISTANO. Classe 1978. lavora al Riformista. dove guida il servizio politico. Gli piace scrivere, più ancora leggere, e adora il cinema.



Langhe Doc
Una produzione Stuffilm Creativeye / A Stuffilm Creativeye production
Distribuito da Produzioni Fuorifuoco
www.produzionifuorifuoco.it
- info@produzionifuorifuoco.it


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