Le Langhe come Venezia? No grazie, ma creiamo colline senz'auto.
pubblicato su La Stampa del 27 Ottobre 2022

Imbocco la stradina dei Paciarini, che porta al Cedro e poi si immette sulla provinciale per La Morra. Io chiudo il gruppetto, poco più avanti i miei dieci turisti americani procedono spediti, Pietro Ratti ci aspetta nella sua Cantina per una visita con degustazione di Barolo. Ho scelto questa strada perché perfetta per i ciclisti: è una via secondaria che conoscono in pochi, offre scorci bellissimi sul Cedro, e poi la carreggiata stretta è inadatta a chi vuole sfrecciare in automobile.
O forse no?
Alla base della salita raggiungo gli americani, costretti a fermarsi perché due macchine stanno facendo manovra, la strada non permette ai due veicoli di passare in contemporanea. Altri cento metri, e la scena si ripete. Anche alle nostre spalle si è formata una piccola coda. Le macchine provano a superarci, ma l'operazione è complessa e pericolosa: tra le ruote e il fossato restano appena sessanta centimetri, e i miei americani non hanno l’abilità di Vittorio Brumotti, sono più abituati ai Relais e ai ristoranti stellati, che non a mordere l'asfalto e divincolarsi tra gli ostacoli. Da dietro le macchine ci pressano, accelerano e alla fine, una per una, superano la fila di ciclisti. Io osservo impotente, sperando che restino tutti in piedi. Finché una delle auto, un veicolo commerciale che usa questa strada come scorciatoia per salire a La Morra, mi affianca.
- Tu parli italiano?
- Si, io sì, rispondo.
- Non ho mai capito perché fate queste strade.
Lo dice allargando le mani per lamentare il disagio che stiamo causando, rallentando chi su quelle strade ci lavora ogni giorno, chi - questo il sotto testo - produce ricchezza invece di cazzeggiare in bicicletta. Ma la sua espressione, quasi benevola, sembra dire: "Perché fate queste strade? Ascoltami, portali altrove, ci sono tante strade più larghe e adatte a voi".
Ma dove vorrebbe che andassimo a pedalare, sulla superstrada di Alba? Non so bene cosa rispondere, alla fine mi esce un timido e un po' scocciato:- Perché su queste strade le macchine non dovrebbero passarci.

Fin qui l'aneddoto, la storiella (veramente accaduta) da cui vorrei partire per alcune considerazioni.
"Alba modello dell'enoturismo", "Alba modello di sviluppo turistico", ma anche "Le Langhe come Venezia" o "Soffrire di turismo".
Mai come negli ultimi mesi si è discusso del presente e del futuro delle Langhe. Da una parte abbondano le lodi verso la capitale, Alba, e la gestione del suo territorio. Dall'altra, però, emergono pesanti criticità: viene sempre citato il mancato completamento dell'autostrada, insieme al problema di un flusso turistico fatto (anche) di grandi numeri, di bus carichi di visitatori di giornata che andrebbero a congestionare i piccoli paesi, una forma di turismo "povero" che lascerebbe poco sul territorio, rischiando anzi di deturparlo. Ed ecco che si parla di numero chiuso, di imporre una gabella per limitare e selezionare gli accessi.
Da guida cicloturistica che nel 2022 ha portato nelle Langhe un centinaio di turisti americani, ciascuno con una spesa media sul territorio pari a circa 600 Euro al giorno, vorrei innanzitutto sfatare la nomea del turismo outdoor (chi visita le Langhe a piedi o in bicicletta) come forma di turismo povero.
Fatta questa premessa, che serve anche a chiarire qual è il mio punto di osservazione, provo ad analizzare una per una le criticità e le possibili soluzioni.

Parlando del traffico, inizio col dire che ho qualche dubbio sul potere risolutivo della futura autostrada Asti-Cuneo. Pedalo ogni giorno nella Langa del Barolo, e vengo superato da centinaia di veicoli: contadini, impiegati, operai, corrieri, artigiani locali, idraulici … Certo, ci sono anche i famigerati tir che scorrazzano sulla collina dei Cannubi, però sono una rumorosa minoranza, così come sono rari i bus che porterebbero su questi lidi il temuto turismo “povero”.
A malincuore, pertanto, non sono così sicuro che l'Asti-Cuneo alleggerirà di molto il traffico che ci asfissia: se ogni giorno migliaia di lavoratori “autoctoni" intasano le strade, non sarà un'autostrada che conduce altrove ad azzerare il traffico locale. Come recita uno slogan molto efficace rivolto agli automobilisti: "Non sei bloccato nel traffico, sei TU il traffico".

Ed eccoci all'ultimo problema, la criticità di cui oggi si dibatte maggiormente: Alba che somiglia sempre più a Venezia, le Langhe assediate da un numero eccessivo di turisti. Da qui le discussioni su come gestire il flusso di visitatori, con tanto di progetti per costruire parcheggi fuori dai paesi, e relative navette che possano trasportare in centro gli amati/odiati turisti (che per qualche motivo si considerano irrimediabilmente debosciati, incapaci di percorrere 500 metri con le proprie gambe).

Personalmente, l'idea che i paesini delle Langhe possano, anzi debbano diventare destinazioni esclusive come Sankt Moritz, o luoghi ad accesso limitato come Venezia, è un pensiero che mi incute terrore. Il fatto che questa idea abbia dei sostenitori, tuttavia, rende chiaro come per molti il turismo, da fonte di ricchezza, sia oggi diventato fonte di enormi disagi.

Identificati i problemi, ecco la parte più difficile: come risolverli? Sulla scorta di quanto ho visto realizzato in altre parti d'Italia, primo tra tutti l'Alto Adige (es. Val Pusteria e Val Venosta), io una soluzione da proporre ce l'avrei. Forse parziale, di sicuro semplice e radicale: chiudere al traffico una parte delle strade delle Langhe. Così hanno fatto in Alto Adige, di cui riconosciamo la bellezza e le capacità organizzative (da sola, la regione autonoma attrae il 30% del turismo outdoor in Italia), senza però avere il coraggio di copiarne le scelte.
Se le vie asfaltate che portano a La Morra sono sei/sette, allora possiamo permetterci di dedicarne un paio alle biciclette e agli amanti del trekking (come la già citata Via Paciarini, ma anche la strada di San Bartolomeo oppure la Strada Fontanazza). E così per Verduno, Barolo, Monforte ecc.
Chi abita o lavora lungo quelle strade, o è diretto a una Cantina, un ristorante o un albergo specifico, potrà ovviamente continuare a utilizzare l’automobile; tutti gli altri non potranno più servirsi di quel percorso come scorciatoia, o alternativa meno battuta.
Intendiamoci, non è la soluzione al problema del traffico, anzi, le strade principali assorbiranno un ulteriore, piccolo flusso di veicoli. La riduzione del traffico va ricercata altrove: smart-working, uso dei mezzi pubblici o della bicicletta per i tragitti più brevi ecc.

A questo punto chi non pedala, e neppure è amante delle passeggiate, si chiederà: ma allora perché tutto questo casino per pochi turisti a piedi o in bicicletta, a me cosa cambia, che me ne viene in tasca?
E invece no. Chiudere al traffico alcune strade delle Langhe (iniziando dall'area del Barolo, la più affollata) non significa solo promuovere il turismo outdoor, ma anche creare nuovi luoghi di interesse e poli di attrazione, incentivare i turisti a parcheggiare lontano dai paesi, a camminare o pedalare anziché guidare fin sotto al castello o davanti al portone di una Cantina. Significa promuovere una forma di turismo attivo e maggiormente “spalmato” su tutto il territorio.
Si discute della necessità di mettere un numero chiuso al flusso turistico, quando invece il problema è nella gestione di quel flusso. Creare intere "colline pedonali", andando a valorizzare e promuovere le nuove zone ad accesso limitato, significa provare a indirizzare il flusso turistico anziché venirne travolti. Significa incentivare svizzeri, americani o torinesi ad attraversare i crus, a camminare nelle causagne, a visitare i Comuni meno frequentati, a percorrere le vie e fermarsi nei negozi, anziché limitarsi a intasare una manciata tra castelli, piazze, chiesette colorate e panchine giganti.

Pare che il primo a parlare di una Via Maestra chiusa al traffico sia stato il farmacista, artista e consigliere comunale Pinot Gallizio, a metà degli anni '50. All'epoca l'idea non fu recepita, ovviamente, e tuttora, di fronte alla proposta di creare aree pedonali nei centri urbani, c’è sempre chi alza barricate e profetizza sciagure, in primis la morte di tutte le attività commerciali.
Oggi c’è bisogno di scelte ancora più coraggiose, per salvare dal traffico le colline delle Langhe e iniziare a "governare" la principale industria locale, il turismo.



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